14/10/16 Washington D.C.

 Ci alziamo e facciamo colazione, c'è un nuovo inserviente afroamericano che pesa almeno 250 kg, ci fa tenerezza perché riesce a stento a camminare e dopo aver percorso 10 metri ansima e sbuffa, una tragedia.

Prendiamo un Uber e ci facciamo portare fino al Lincoln Memorial (dove aveva fatto il suo celebre discorso Martin Luther King, I have a dream, e dove Forrest Gump fa il suo a microfono spento), facciamo una foto sulla panchina dove Tome Cruise era stato nel film il socio e ci avviamo a piedi fino al Memorial della Seconda Guerra Mondiale, torniamo poi a vedere quello della guerra del Vietnam dove scambiamo due parole con un volontario, reduce della guerra. Mangiamo un hot dog nel parco ammirando i "culetti" delle oche selvatiche e gli scoiattoli e poi raggiungiamo con un Uber (l'autista, l'unico americano, ci regalerà anche due bottiglie di acqua) il cimitero di Arlington dove sono seppelliti ben 300.000 persone (in particolare soldati oltre a celebrità come alcune Kennedy). Saliamo sul trenino con alcuni reduci della seconda guerra mondiale della USS Frontier AD 25, una nave da guerra costruita a fine della seconda guerra mondiale, parliamo con un reduce e Carlo fa una foto con lui. https://en.wikipedia.org/wiki/USS_Frontier_(AD-25)

 

Ad Arlington vediamo la tomba di John Kennedy e della moglie, regna un ordine incredibile e soprattutto nonostante il luogo una certa serenità. Assistiamo al cambio della guardia, cerimonia molto caratteristica.

Da Arlington prendiamo un Uber e ci facciamo portare al Jefferson Memorial, dove ammiriamo un bel tramonto, da lì a piedi ci spostiamo al Roosevelt Memorial. Devo dire che leggendo i valori di libertà, giustizia e laicità che ispiravano questi "padri fondatori", i nostri politici attuali e i candidati alla Casa Bianca sono lontani una galassia.

Prendiamo quindi un Uber e ci facciamo portare in albergo, dove dopo una breve sosta usciamo a piedi per raggiungere il Wendy che si trova a 400 metri dall'hotel, il locale è squallido e soprattutto non c'è birra, come appurato da Carlo che chiede ad un afroamericano, vestito da spazzino, capelli da rasta e la faccia bruciata da una molotov (la persona più affidabile del locale :-) ) Chiamiamo quindi un Uber, guidato da tale Claudia, una afroamericana patita di Hello Kitty che quasi va in contromano per venire a prenderci.

Ci facciamo portare fino ad un locale individuato su Google Maps, dove un afroamericano ci chiede a tutti la carta d'identità per entrare, dentro c'è un casino infernale, così decidiamo di mangiare nel ristorante messicano a fianco, El Camino, dove mangiamo davvero bene.

Tra l'altro mentre sto compilando il diario, scopro guardando Google Maps sul cellulare, che per ogni giorno è monitorato esattamente ogni mio spostamento, dalla mattina alla sera, compresi tragitti in auto, a piedi, pranzi, dormire fantascienza.

Torniamo in camera per l'ultima notte purtroppo.

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